giovedì 7 dicembre 2006

FIGLI VIZIATI A RISCHIO SEPARAZIONE Pietro Fornari ( http://www.macrolibrarsi.it/autore.php?aid=3323 ), psicoterapeuta e collaboratore della rivista Riza psicosomatica http://www.riza.it/, affronta uno dei problemi più frequenti, ai giorni nostri, in ambito di relazioni di coppia. Non riuscire a staccarsi dalla madre in cui si è adagiati. Rinunciare agli agi è difficile e il malessere che ne deriva si somma ai disagi della coppia.

Foto di Sorryso

A volte il rapporto che ha dato la vita impedisce di viverla. Si parla dell’eccessiva presenza materna nella psiche e nelle abitudini quotidiane del figlio o della figlia che si sposa o che va a convivere. Una presenza dovuta a un rapporto madre/figlio intensissimo da sempre, con una comunicazione e un’interrelazione pressoché continue e con una caratteristica peculiare: l’unidirezionalità dello scambio, che va dalla madre verso il figlio. C’è tutta una serie di comportamenti che riconosciamo come “l’atmosfera del figlio viziato”. La madre dà disponibilità di tempo e di presenza immediati per proteggere il figlio/a e supportarlo sia nelle cose pratiche che a livello emotivo. Il figlio arriva così a sposarsi senza aver mai messo un dito nelle faccende domestiche e pratiche del quotidiano, essendo sempre stato al centro di un’attenzione continua e globale, senza aver mai affrontato particolari responsabilità, fatta eccezione per il lavoro, al quale ha potuto dedicare tutto se stesso proprio perché c’era chi si occupava di tutto il resto. Ma il figlio non percepisce questo rapporto con la madre come un problema, anzi è in totale sintonia con esso. Adagiato comodamente in questo comodo grembo scopre, con la convivenza stretta, che il partner non è la mamma. L’altro esiste con le sue caratteristiche e i suoi bisogni. Sapranno condividere? Fare rinunce o modificare abitudini? Molti non ce la fanno. Si sentono spaesati e abbandonati. Scatta così la voglia di “tornare dalla mamma”. Eppure quella crisi di coppia è un’enorme possibilità di uscire dal grembo, di diventare adulti. Bisogna imparare a riconoscerla per prenderla al volo. Ne va di tutta l’esistenza.

A mio parere è necessario distinguere tale rapporto esclusivo madre- figlio dalla più comune e conosciuta presenza attiva di madre o suocera nel rapporto di coppia. Infatti, nell'articolo presentato, si parla di un problema prettamente psicologico, psico-dinamico. La presenza materna di cui parliamo richiama uno schema psichico che può a tutti gli effetti definirsi ombelicale, in cui cioè la mamma fornisce un'assistenza totale al vivere del figlio, proprio come se questo fosse ancora un lattante. Questo, come tanti altri, è un tipico problema della società odierna in cui i figli raggiungono solo in età avanzata la responsabilizzazione della propria esistenza. In Psicologia clinica si parla di "Sindrome di Peter Pan", problema sempre più frequentemente oggetto di analisi in psicoterapia. In tale contesto il trattamento è rivolto al recupero del proprio ruolo per entrambi i partecipanti la relazione: il figlio dovrebbe arrivare a scoprire ed apprezzare il piacere adulto delle responsabilità; la madre dovrebbe riscoprire il proprio piacere di essere donna con altri interessi personali e sociali che siano indipendenti dal figlio.

Per ulteriori approfondimenti suggerisco i seguenti indirizzi:

http://www.corriere.it/Rubriche/Salute/Psicologia/2006/06_Giugno/26/peter_pan.shtml

http://digilander.libero.it/cianrabbi/Psico-miti5.htm

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