giovedì 30 novembre 2006

LUI E LEI PARLANO NELLA STESSA MANIERA MA PENSANO IN MODO DIVERSO

Fino adesso il sesso è sempre stato ignorato negli studi sull'apprendimento, ma secondo un recente studio pilota del Georgetown University Medical Center, pubblicato sulla rivista Developmental Science, il sesso potrebbe essere un fattore importante nell'acquisizione e nell'uso del linguaggio.

Studiando come un gruppo di bambini divisi in maschi e femmine usavano le forme regolari e irregolari del passato remoto, i ricercatori del Georgetown University Medical Centre, hanno potuto stabilire che le forme irregolari inducevano in errore entrambi i gruppi, ma a seguito di procedimenti mentali diversi. Le bambine andavano avanti per assonanza: ricordavano numerose parole che terminavano nello stesso modo (egli andò, parlò, cercò) e quindi davanti al verbo essere o al verbo avere (egli fu, ebbe) sbagliavano. I maschi, invece, si ricordavano la regola di accentare l’ultima vocale della terza persona singolare e su essa basavano le loro risposte: al verbo avere ed essere sbagliavano anche loro anche se per un motivo diverso. Secondo tale studio, le femmine userebbero la "memoria dichiarativa", sistema deputato, in questo caso, alla memorizzazione delle parole, i maschi, invece, adoperano la "memoria procedurale", sistema che in questa situazione, governa le regole del linguaggio. Michael Ullman, professore di neuroscenze, spiega che queste differenze tra maschi e femmine, potrebbero avere un ruolo rilevante in questo processo cognitivo.

mercoledì 29 novembre 2006

L'ANTIDOTO AL BULLISMO? "PARLARNE VIA INTERNET"

Marco Cappelletti, 21 anni, di Bulciago (Lecco), oggi iscritto al terzo anno di giurisprudenza alla Cattolica di Milano, dopo esserne stato vittima 2 anni, ha fondato un'associazione per combattere il dilagare del bullismo:"Sos Bullismo" (www.bullismo.com), dove sos è l'acronimo di Studio operatività e sostegno.
Per due anni, tra il '98 e il 2000, in prima e in seconda supeiore, Marco ha incassato insulti, botte e umiliazioni da quattro compagni di classe in una scuola superiore privata di Lecco. Per una ventina di volte è andato dalla preside, la quale lo interrogava sui fatti per poi accusarlo di essere il perturbatore della classe, arrivando anche ad isolarlo in una stanza per ben 6 ore, mentre i professori e le famiglie lo ignoravano. A testimoniare quel periodo nero, un certificato medico con una prognosi di 8 giorni per un pestaggio e un'allontanamento di 40 giorni dall'istituto consigliato dalla psicologa. Marco fu vittima di una grave depressione, ma grazie alla psicoterapia, all'affetto della famiglia, al cambio di scuola, di insegnanti e di compagni, quelle brutte violenze del passato sono solo un sofferto ricordo.
Nel 2002 la denuncia dei genitori arriva al Tribunale e il giudice gli riconosce un danno di 25 mila euro che deve essere rimborsato dalla scuola. Questo è solo il primo passo della rivincita di Marco, poichè insieme alla mamma Gabriella, fonda l'associazione "Sos Bullismo" che diventa un punto di riferimento per tutti quei ragazzi e quelle famiglie che sono vittime di tale forma di violenza. L'obiettivo dell'associazione è di combattere il dilagare del bullismo su tutti i fronti: si raccolgono denunce, esperienze, si forniscono consigli pratici su come comportarsi, cosa fare, a chi rivolgersi, come denunciare vessazioni, soprusi, violenze e si offrono anche i consigli di una psicoterapeuta e di un'avvocato. Questa determinazione ha fatto di Marco e sua mamma Gabriella i paladini di una crociata contro il bullismo, che parte dalla Brianza per approdare in Parlamento: si parla di una legge contro le "persecuzioni psicologiche in classe" e l'obbligo della rieducazione per i bulli.
MALEDUCATI O EDUCATI MALE?
Lo Iard, (http://www.istitutoiard.it/intro.asp ) istituto di ricerca focalizzato sulla condizione giovanile, ha registrato, tra il 1996 e il 2005, un aumento significativo della tendenza a sviluppare comportamenti antisociali, da parte dei giovani.

Foto by: Giulienstein

Il prof. Charmet, docente di psicologia dinamica all'università statale di milano, sostiene che l'attuale generazione non è una generazione cattiva, semplicemente è una generazione composta da ragazzi il cui fine ultimo è "familiarizzare".

Le caratteristiche dell'epoca attuale, per quanto riguarda la nuova generazione e la sua educazione, sono ben chiare: presenza di adolescenti e pre-adolescenti che, per la mamaggior parte, conducono una vita priva di regole, priva di norme e in cui la buona condotta è assente. Per questo stile di vita sono da colpevolizzare soprattutti i genitori che, per paura di sbagliare e per paura di portarsi i figli contro, evitano le punizioni, le sgridate e l'impsizione di regole. Tutto questo, come sostenuto da Carmet, porta ad una "familiarizzazione", cioè ad un livellamento orizzontale, dove viene a mancare, così, una gerarchia ed un ordine tra le generazioni. Genitori e figli vengono, quindi, ad essere sullo stesso livello, con una cofusione di ruoli.

Secondo Schaeffer, questa crisi dell'epoca attuale, era gia in parte presente negli anni 60, dove gia si poteva intravedere una difficoltà di comunicazione tra le generazioni e la cui soluzione si sarebbe potuta trovare solo sviluppando una comunicazione secondo un codice condiviso, in cui , cioè, doveva essere presente sia l'impsizione di regole, sia il rispetto ed il dialogo tra genitori e figli.

Quarant'anni dopo, ovvero oggi, si vivono le conseguenze di quella crisi non risolta.

A mio parare questo problema presente nella nostra società attuale è un problema molto grave, ma credo anche che una svolta decisiva potrebbe presentarsi nel momento in cui i genitori smetteranno di essere così permissivi e torneranno a svolgere il loro compito educativo, allora si potrà presentare la situazione in cui i figli torneranno ad essere educati e cresceranno secondo determinate regole e limiti.

TAROPPA GENTE... COME REAGIRE?
Il dott. Krauss, professore di psicologia alla Columbia University, afferma che la semplice vicinanza delle persone produce un'attivazione generale o arousal (sudorazione, battito cardiaco incrementato, ecc..) non determinata a priori positivamente o negativamente. Il tutto dipende...

Foto by: Tom g

Noi, in quanto esseri viventi, siamo costantemente circondati da persone, cose, animali, profumi e rumori. Tutti questi elementi presenti attorno a noi sono collocati nel così detto "spazio prossemico", quello spazio, cioè, presente tra noi e gli altri.

Secondo diverse ricerche, è stato constatato che, appena questo spazio viene invaso ecessivamente ( o perchè troppa gente ci circonda, o perchè qualcuno ci guarda troppo insistentemente, o perchè vi è troppo rumore), la tipica reazione dell'individuo è quella di allontanarsi da questi stimoli in eccesso e di ripristinare, così, la distanza prossemica ottimale per se.

Non sempre pero', come sostenuto dal dott. Klauss, l'invasione dello spazio prossemico è percepita dall'individuo come negativa. Dipende tutto dal luogo in cui ci si trova e dalle caratteristiche del luogo stesso: in una discoteca, per esempio, più gente è presente, più ci si sente a proprio agio, così come in un teatro. L'invasione dello spazio prossemico, quindi, è percepita come positiva o negativa a seconda dell'elaborazione cognitiva che l'individuo effettua.

L'esistenza di questo spazio e l'importanza che noi gli diamo, sono talmente radicati in ciascuno di noi che possiamo anticipare e prevedere le nostre azioni e quelle degli altri, in base, appunto, a come questo spazio viene percepito, situazione per situazione.

Secondo il mio parere, al giorno d'oggi la prossemica (scienza che studia che cosa sia lo spazio personale e sociale e come l'individuo li percepisce) è diventata una disciplina talmente importante da influenzare non solo il singolo individuo e lo spazio a lui circostante, ma anche il lavoro di architetti e di designer nel progettare spazi, negozi e altri luoghi in generale; è arrivata ad influenzare la comunicazione via internet e le relazioni personali formali ed informali. L'aspetto veramente interessante della prossemica, secondo me , è il fatto che per gran parte sia un fenomeno inconsapevole, molto presente in noi, ma senza che ce ne rendiamo completamente conto.

martedì 28 novembre 2006

COMPETIZIONI INFANTILI Anna Maria Battistin, collaboratrice del settimanale “Io Donna”, attraverso il contributo di Marco Mastella, neuropsichiatria infantile e psicoanalista, e di Antonino Ferro, psicoanalista, parla del confronto sociale come un fenomeno già presente fin dalla scuola materna. Il più nuovo è a colpi di metri quadrati: i bambini contano le stanze. In questo modo misurano l’affetto che ricevono.

Foto di pondga

I bambini, ascoltando gli adulti, assorbono un modo di pensare, di esprimere opinioni e giudizi anche in settori apparentemente estranei ai loro interessi, come quello immobiliare ad esempio. Sanno che il prestigio sociale dipende anche dai metri quadrati calpestabili a disposizione. Già a 3/4 anni fanno a gara a chi ha la casa più grande, come rivelano i commenti colti al volo dalle insegnanti della scuole materne. I bambini pensano che sia una vergogna dormire in salotto e preferiscono nasconderlo all’amica del cuore che ha una stanza tutta per sé. Con questi confronti precoci i bambini si trasformano in piccoli adulti in vena di gossip malevolo. Il prof. Mastella segnala che questa tendenza si nota soprattutto nelle classi più agiate, come fosse un riflesso delle ambizioni sociali dei genitori. Invece sembra quasi del tutto assente in famiglie il cui vero problema è arrivare a fine mese. Ma a questa età l’abitazione non rappresenta solo uno status symbol più o meno prestigioso in base all’ampiezza ed al quartiere, ma uno spazio affettivo dalle forti risonanze emotive che rimangono impresse nella memoria anche da adulti, come osserva il prof. Ferro. Quando un bambino di tre anni esibisce, ammira, invidia una casa non si riferisce solo ai metri quadrati reali ma traduce in termini di ampiezza le sensazioni di contenimento affettivo, disponibilità, attenzioni, presenza che il luogo dove vive gli offre o di cui si sente invece deprivato. L’invidia che prova riguarda il suo mondo interiore, i suoi stati emotivi, le mancanze che avverte. Si aggrappa così agli aspetti più materiali, esteriori della casa, vantandone poi con i coetanei l’estensione, come riflesso della grande madre che abita le sue fantasie. Sono bambini che soffrono della sindrome di Paperino , eterno perdente nel confronto con Paperone. Bambini che soffrono un senso d’inferiorità. Come del resto succede anche da adulti.

IL MOBBING
Adriana Pavin, collaboratrice della rivista “Riza Psicosomatica” (http://www.riza.it/ ), intervistando la prof.ssa Silvia Ferri, psicologa del “Gruppo di Ricerca sul mobbing” riconosciuto dal Ministero dell’Università, definisce il mobbing come “un fenomeno che avvelena il lavoro”.Le molestie sul posto di lavoro sono sempre più frequenti. Molti i motivi: complessi di autoritarismo o strategie aziendali per forzare il dipendente sgradito a licenziarsi.Quando diventa una "tortura" il lavoro perde il suo senso. Gravi le conse guenze per la salute.

Foto di pecus

Uno dei più grandi problemi odierni che affligge il mondo del lavoro è il mobbing, fenomeno che giorno dopo giorno cambia la vita lavorativa del soggetto-vittima, il quale subisce continue vessazioni psicologiche. Ma cos’è il mobbing? Il termine (dall’inglese “to mob”: affollarsi intorno a qualcosa o qualcuno) indica l’attacco ripetitivo compiuto ai danni di una persona con l’intento di isolarlo, o “vittimizzazione” di una persona attraverso molestie non sessuali sul luogo di lavoro. E’ un fenomeno incivile nella nostra cultura, una vera guerra dei nervi che coinvolge aspetti psico-sociali, etici, economici, politici e legali. Possiamo distinguere dei ruoli ben precisi all’interno di questa dinamica: Il mobbizzato è la persona oggetto di mobbing che sente il peso insostenibile della propria inutilità lavorativa. A volte è attaccato apertamente, in modo verbale o fisico, ma ci sono anche atti subdoli. Il danno più grave si riscontra nell’influenza che i sintomi esercitano sul ruolo sociale delle persone, causando peggioramento dei rapporti familiari, di coppia, di amicizia. Sintomi fisici sono insonnia, stati d’ansia, irrequietezza motoria, irritabilità, labilità emotiva, somatizzazioni gastro-intestinali e cardiache. Il mobber è colui che attua vessazioni ed assume comportamenti persecutori. Può avere motivazioni personali o sociali e cerca un capro espiatorio per risolvere i propri conflitti, latenti o manifesti. In genere è una persona egocentrica, fondamentalmente insicura, alla continua ricerca di conferme, persona intelligente e razionale che non ama confrontarsi con opinioni discordanti dalle proprie. Intorno stanno tutte le persone-complici attivi (schierandosi dalla parte del mobber) o passivi(non agendo in alcun modo). In ogni contesto socio-organizzativo tali accadimenti possono essere letti come sintomi di un’organizzazione aziendale malata. Si calcola che in Italia vi siano almeno 1,5 milioni di mobbizzati. Sembra che il genere femminile sia quello più soventemente implicato, sia nella veste di mobber sia in quello di mobbizzato. Ciò perché le donne mostrano spesso un eccesso di coinvolgimento emotivo che può sfociare tanto in momenti di forte coesione quanto in manifestazioni competitive.

Le molestie sul posto di lavoro sono sempre più frequenti. E' importante parlarne affinchè si contrasti quel subdolo e mascherato autoritarismo dietro cui si nascondono molti dirigenti o anche colleghi di lavoro. Spesso, infatti, il clima di un'azienda e il tipo di cultura rappresentano condizioni che favoriscono questo abuso di potere. In questo modo tale modalità di agire, certamente ingiusta, entra a far parte della vita quotidiana. Ciò che è peggio è che tali comportamenti non sono facilmente riconoscibili e ancor meno affrontabili; finiscono così per rendere malato l'ambiente di lavoro. Uno psicologo del lavoro in tali situazioni può contrastare tale fenomeno attraverso varie attività mirate alla mediazione delle parti in causa.

Per ulteriori informazioni consiglio i seguenti indirizzi:

http://www.uil.it/mobbing/Default.htm

http://www.cgil.it/saluteesicurezza/il_mobbing.htm

lunedì 27 novembre 2006

TROPPI PSICOFARMACI AI BAMBINI

A sottolinearlo è stata l'associazione "Giù le mani dai bambini" (www.giulemanidaibambini.org) durante una conferenza stampa tenuta a Roma, in cui è stata lanciata la campagna contro la somministrazione di psicofarmaci ai minori.
Oggi sono circa 30.000 i bimbi che assumono psicofarmaci, ma secondo lo studio del "Mario Negri" potrebbero diventare 700.000. Negli ultimi 5 anni le prescrizioni di psicofarmaci fatte dai medici che operano in Italia sono aumentate del 280%, nello stesso periodo anche negli USA, dove i bambini in terapia sono 11 milioni, l'aumento è stato considerevole, ma solo del 150%.
L'associazione si rivolge al Ministro della Salute Livia Turco affinchè intervenga sulla salute psicofisica dei bambini, per limitare le conseguenze della decisione dell'Agenzia Europea del Farmaco (EMEA) di abbassare a 8 anni, l'età in cui si può somministrare il Prozac a bambini affetti da forme di Depressione che non sono state risolte da 4-6 sedute di Psicoterapia.
Al Ministro dell'Istruzione Fioroni, l'associazione chiede di aiutare le scuole a riconoscere ed affrontare i problemi dei bambini così detti "gianburrasca", affinchè non risolvano in maniera semplicistica e medicalizzata quei disturbi che hanno bisogno di soluzioni di tipo sociale.
(foto by Deb_S')

domenica 26 novembre 2006

MASCHIETTI E FEMMINUCCE: QUALI GIOCHI ?
Studi condotti da psicologi e sociologi negli ultimi anni, hanno constatato come le modalità ludiche appartenenti ai due sessi, non necessariamente debbano essere così rigide e poco flessibili. Barbie e bamboline per le femmine, macchinine e mostri per i maschi? Non per forza...

Foto by: Lorenzo

Per la maggior parte dei genitori, degli educatori e degli adulti in generale, è solito distinguere tra giochi appartenenti al "mondo maschile" e giochi appartenenti al "mondo femminile". Alla base di questa distinzione vi sono sia i condizionamenti sociali e culturali, sia un'educazione secondo cui, per il bene del bambino, è necessaria, fin dalla primissima infanzia, una netta differenziazione tra i due sessi per quanto riguarda i mezzi ludici e le modalità ludiche.

Nella nostra società, infatti, è ormai una "regola" il vedere le feminucce che si divertono a pettinare bambole, senza avere contrasti e rivalità e, al contrario, il vedere i maschietti che si divertono a fare correre le macchinine sulla pista o ad intraprendere giochi di lotta, in cui prevalgono l'azione ed una maggior irruenza e aggressività. Nonostante questo, vi sono però casi, anche se poco frequenti, di inversione di ruoli, in cui una femminuccia si presta a giochi d'azione con i maschi, o in cui un maschio si presta a giochi tranquilli con le femmine. Studi condotti da psicologi e sociologi, hanno mostrato che queste inversioni di ruoli nelle attività ludiche, non sono da contrastare, ne devono essere fonte di preoccupazione da parte degli adulti. Secondo questi studiosi, infatti, il poter prendere parte ad attività tipiche dell'altro sesso, permette al maschio di evitare l'aggressività tipica dei giochi a cui di solito prende parte con gli altri maschietti e, invece, permette alle femmine di scaricare l'aggressività e di manifestare la loro impulsività, solitamente frenata nel gioco con le altre bambine.

A mio parere, ciò che si può concludere da questi studi è che bisogna permettere ai bambini di giocare come meglio credono e che, anche se si presentano le inversioni di ruolo poco sopra menzionate, non bisogna preoccuparsi, perchè con la crescita e lo sviluppo del bambino e con il raggiungimento di una maggior definizione della sua identità, questo desiderio di fare giochi sia maschili, che femminili, tende a scomparire. E' la definizione di una chiara identità, infatti, che porta l'individuo a definirsi interiormente ed esteriormente secondo un determinato sesso. Poichè nei bambini piccoli lo sviluppo dell'identità non è ancora stato raggiunto, a mio parere, è normale, a volte, un'inversione nei ruoli, nelle attività e negli atteggiamenti, senza bisogno però di allarmarsi.

IL BULLISMO
In seguito a diverse ricerche e in seguito a diversi studi condotti in molte parti del mondo, si è constatato come il bullsimo sia un fenomeno diffuso ovunque. Aggredire i compagni senza un perchè. Insultare i coetanei solo per rendersi leader tra gli altri. Picchiare un ragazzino più piccolo solo per il divertimento di sottometterlo. Azioni ingiustificabili agli occhi della maggior parte delle persone, ma azioni comunque presenti nella nostra realtà, nelle nostre scuole e nei quartieri delle nostre città.

Foto by: Coronetv000 Il bulismo (http://www.bullismo.com/) è un fenomeno presente gia da tempo nella nostra società (sopratutto nelle scuole medie e superiori), ma se ne è sentito maggiormante parlare in queste ultime settimane, dopo le violenze fisiche e verbali, subite da un ragazzino down da parte dei suoi compagni di classe, in una scuola del Torinese e dopo i filmati, mostranti studenti in rivolta contro i docenti, trasmessi dai telegiornali. Ma che cos'è il bullismo? Con il termine "bullismo" si intende quell'insieme di comportamenti con i quali un singolo o un gruppo, ripetutamente, fa o dice cose per avere potere o dominare una persona o un altro gruppo. Spesso non si da molta importanza a questo fenomeno inquanto, facilmente, lo si confonde con i normali conflitti o le classiche discussioni tra compagni. Nonostante questo, il bullismo, se analizzato bene, presente delle caratteristiche sue proprie che l differenziano notevlmente dalla normale lite. Da un recente ricerca condotta dall'istituto Manners Ardi del professor Renato Mannhaeimer, su un campione di mille ragazzi dai 14 ai 17 anni, sono emersi i seguenti dati riguardanti il presente fenomeno:

- benchè il 75% dei ragazzi dichiari di essere infastidito dal fenomeno del bullismo, il 17%, comunque, lo accetta e lo comprende sostenendo che i bulli avranno un motivo per cui agire così.

- il 56% dei ragazzi intervistati ha dichiarato che è meglio appartenere e farsi amici i ragazzi più forti e prepotenti, così da evitare di essere a loro volta aggrediti.

- è emerso, in general,e che le ragazze sono meno bulle e meno vittime di bullismo, rispetto ai ragazzi, inquanto il sesso femminile risulta essere meno violento e meno d'accordo a metter in atto azioni violente.

A mio parere il fenomeno del bullismo è un fenomeno che, sebbene si stia sempre piu evolvendo nella nostra società, spesse volte è troppo sottovalutato. Guardando i telegiornali, leggendo articoli di giornale, mi sto sempre piu rendendo conto che, per quanto grave, il bullismo viene spesso sottvalutato da genitori, dagli insegnanti e dagli adulti in generale, poichè, davanti ad azioni inaccettabile, c'è sempre troppo silenzio.

sabato 25 novembre 2006

LA MUSICOTERAPIA
La musica è l'incanto dell'anima; è la capacità di legare le parole ai suoni creando armonie immortali. Attraverso la musica emozioni remote risalgono dal profondo in cui erano assorbite per esplodere in una infinita sinfonia.
Foto di- bwr-
La musica è una forma d'arte in grado di trasmettere emozioni e rallegrare gli animi.
In passato veniva usata per raccontare storie, leggende, fatti immaginari o realmente accaduti con lo scopo di trasmettere conoscenza. Mezzo di comunicazione diretto vanta il primato tra le forme di espressione veramente libere dagli schemi. Da tempo viene utilizzata in campo medico per curare i disturbi della psiche provocati dallo stress. La musicoterapia è basata sull'ascolto di brani musicali scelti in base al problema da trattare. Ognuno di noi sa che ogni stato d'animo richiama e necessita di una ideale "colonna sonora". Quando la tristezza si prende gioco di noi invadendoci inaspettatamente la voglia di ascoltare un brano melodico a tratti smielato è l'unica cosa di cui sentiamo effettivamente il bisogno, lasciandoci cullare da dolci note. Se abbiamo voglia di scaricare le tensioni ascoltiamo un brano un pò più energico. La musica come terapia è usata soprattutto con le persone in stato di coma, in alcuni casi si sono risvegliate. E' usata poi a scopo riabilitativo o in psicopedagogia mirata allo sviluppo psico-motorio, linguistico e di altre funzioni fondamentali. In qualsiasi campo venga utilizzata è portatrice di positività e di miglioramento.
La musicoterapia, come tutte le terapie alternative, è in genere circondata da un alone di scetticismo. Le domande più frequenti che ci si pone nel momento in cui ci si accosta a tale ambito sono:
a cosa serve?
a chi è rivolta?
quali sono gli obiettivi che si prefigge come terapia?
Rispondendo brevemente a queste domande potremmo dire che tale terapia utilizza la musica come strumento per intervenire sul disagio di persone malate o affette da handicap, agendo soprattutto a livello psicosomatico. La musica dà alla persona malata la possibilità di esprimersi e percepire le proprie emozioni e di mostrare i propri sentimenti o stati d'animo attraverso il linguaggio non verbale. Tipico è il caso di individui affetti da autismo, ma è una tecnica sempre più utilizzata nella cura di svariate patologie.
Circa tale ambito propongo i seguenti indirizzi:
INSEGUENDO LA PERFEZIONE....NON E' ALTRO CHE ANORESSIA
Inventarsi qualunque cosa pur di bruciare calorie; astensione totale dal cibo alternata ad abbuffate incontrollate con conseguenti condotte di eliminazione. Tanti trucchi e un solo pensiero: limitare il più possibile le calorie, perchè lo specchio ti mostra "grassa" anche a 38 kg.
Foto di: PhoebeC
Negli ultimi tempi non sono pochi i casi di morte per anoressia. Due modelle morte in Brasile in soli tre giorni. Casi tristissimi che ci mostrano la realtà nascosta nel buio di un mondo che, alla luce dei riflettori, sembra perfetto. Victoria Makhota, bielorussa quindicenne, è stata eletta "Supermodel of the World 2007". Ancora una volta l'attenzione è puntata su un corpo magrissimo, pelle e ossa. L'anoressia è una malattia troppo spesso ignorata; è un male che affligge e distrugge subdolamente chi ne è vittima. I disturbi alimentari, anoressia e bulimia, colpiscono dal 20% al 50% i soggetti di sesso femminile, ma il problema è sempre più diffuso anche tra i ragazzi. Nei due stati anoressico-bulimico, la costante è il cibo, la variante è il rapporto con esso. Rifiuto nel primo caso, eccesso fino a star male nel secondo. Spesso le due condizioni fluttuano da uno stato all'altro: astinenza dal mangiare per periodi più o meno lunghi, per poi trasgredire ingurgitando cibo senza piacere. Tale assenza di piacere può essere estesa al desiderio di vivere, che sembra compromettere il senso della propria esistenza.
Credo che parlare di questo problema sia oggi una necessità. Tra le cause dell'anoressia, che possono essere di natura biologica, sociale e psicologica, spicca l'appartenenza ad un gruppo sociale "a rischio" per il controllo del peso (ballerini, ginnasti, ciclisti, modelli....). Purtroppo viviamo in una società in cui la magrezza viene enfatizzata come valore sociale positivo, dove l'immagine è considerata un biglietto da visita. Certamente ciò non ci autorizza a colpevolizzare quanti, pur impegnati con successo negli ambienti sopra menzionati, seguono comunque una alimentazione corretta ed equilibrata.
E' importante parlare dell'anoressia affinchè sia chiaro il confine tra ciò che è malattia e ciò che rientra nella cura di sè e del benessere psico-fisico personale. Naturalmente è necessario tener presente che i modelli sociali rappresentano solo una parte delle probabili con-cause della malattia. Non si può assolutamente prescindere da quelli cje sono gli aspetti prettamente clinici come: crescere in famiglie dove esiste una oggettiva difficoltà a comunicare ed esprimere le emozioni; soffrire di un disturbo della personalità; reagire
in modo disfunzionale ad un trauma.
Ci auspichiamo che tali considerazioni non siano abbandonate non appena la cronaca ci presenterà altre notizie da commentare.
Per ulteriori informazioni suggerisco i seguenti indirizzi: