venerdì 16 marzo 2007

IL DESTINO IN PSICOTERAPIA JUNGHIANA
Forlì - Sabato 17 marzo alle ore 18.00, presso il PianoMenoUno del Mega Claudio Widmann parlerà della sua opera Sul destino (Magi) con Oscar Laghi, psicoterapeuta junghiano.
Foto by ithil
Claudio Widmann, analista junghiano, vive e lavora a Ravenna. È Direttore dell'ICSAT (Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy) http://www.psicoterapia-torino.it/autogena_file/page0003.html e docente di discipline inerenti al simbolismo e all'immaginario presso Scuole di Specializzazione in Psicoterapia. È autore e curatore di saggi che trattano temi attinenti alla psicologia junghiana, tra cui, per i tipi delle Edizioni Magi http://www.magiedizioni.it/newmagi/ , sono stati pubblicati: Il viaggio come metafora dell'esistenza, Il simbolismo dei colori, La psicologia del colore, Le terapie immaginative e La simbologia del presepe.
L’incontro rappresenterà un momento di approfondimento su uno dei punti cruciali della storia dell’umanità che, fin dal principio della civiltà, si interroga sul proprio potere sugli accadimenti che lo circondano. «Nei momenti fatali della vita, davanti alle più inspiegabili ingiustizie dell'esistenza l'uomo si chiede da sempre "perché?". "Destino" è la risposta più antica a questa domanda, parola vuota ma densa, che riguarda la durata della vita, la natura della morte, la qualità degli eventi fortuiti e le caratteristiche soggettive dell'uomo. L'idea di destino incontra l'ostilità di chiunque rivendichi la volontà umana di autodeterminarsi e rigetti l'ipotesi di una vita determinata a priori. Esso è immaginato in un altrove che si estende al di là dell'uomo: tessuto dagli dèi o scritto nelle stelle, pianificato da anime già morte o ereditato prima ancora di nascere. La psicologia analitica individua nell'inconscio una categoria che è dentro l'uomo, ma è estranea alla sua conoscenza, che interviene nelle scelte dell'individuo ed è più potente delle sue intenzioni coscienti. Inconscio potrebbe essere un altro nome per indicare il destino. È depositario di un individuale Piano di Vita, che si realizza attraverso un intreccio di coincidenze apparentemente casuali, ma sensate e significative, che punteggiano la personalissima Via del Destino. L'io dell'individuo non ha il potere di annullare l'inconscio, ma ha la responsabilità di partecipare alla realizzazione della propria Via del Destino. La sua libertà è limitata, ma tanto determinante da poter scegliere, perfino, fra la possibilità di vivere per niente o di morire per qualcosa.»

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Il lavoro della cura nelle istituzioni.

di Laura Tussi

Progetto, gruppi e contesti nell'intervento psicologico.
A cura di Marta Vigorelli.
Prefazione di Antonello Correale.
Edizioni Franco Angeli.

L’equipe di psichiatria prevede un modello antropologico e relazionale della malattia rispetto a quello biologico. Nel modello gruppale in ambito istituzionale è necessario che la psicanalisi diventi capacità di ascolto. L'approccio sociologico di Durkheim e Basaglia considera la psicanalisi non come tecnica, ma come atteggiamento mentale. Solo così si verifica la reciproca integrazione tra psicanalisi e psichiatria. Se le istituzioni costituiscono un insieme di ruoli e di rapporti, la legge che li regola è rappresentativa della vita stessa delle istituzioni, in un insieme di esperienze collettive volte a perpetuarsi e stabilizzarsi. Le istituzioni prevedono un processo di formazione e produzione di elementi mentali e affettivi nel tempo.
Nell’approccio socioanalitico, Jacques e Menzies Lyth sostengono che le istituzioni hanno una funzione di protezione dell'individuo dalle angosce depressive e persecutorie, depositi di proiezioni e identificazioni con un’utile azione sociale nelle istituzioni. Secondo Fornari ogni istituzione si struttura intorno a fantasmi basici originari, con valori, forme, norme di comportamento dei membri dell'istituzione stessa ricondotti a una determinata base fantasmatica.
Nel modello di campo del gruppo e delle istituzioni, il campo istituzionale secondo Kurt Lewin e la psicologia della Gestalt, indaga risultanti complessive delle forze emergenti nel campo. Il gruppo è un organismo in movimento su vettori di affettività. L'area di operazione è un luogo attraversato da percorsi e sedi di incontro e intreccio e confronto di tali forze. Bion si muove su teorizzazioni, Lewin considera il gruppo un complesso ideativo e rappresentativo collegato a comportamenti collettivi. La simbiosi tra individuo e gruppo costituisce una fantasia fusionale tra campo del gruppo e individui collegati da identificazioni proiettive, da cui il campo del gruppo risulta continuamente alimentato. Il campo si trasforma nella fase e sulla base del gruppo di elementi provenienti dai membri. Nel piano sincretico del campo istituzionale, Bleger individua una stretta affinità tra strutture costitutive del setting e sostitutive e quelle istituzionali, dove l'istituzione rappresenta una relazione regolata da norme condivise. Con il piano affettivo e il campo istituzionale, Bion individua il gruppo e il gruppo degli assunti di base: la vita dei gruppi come attraversata da polarità e dicotomie tra il gruppo di lavoro e il gruppo degli assunti di base. Il gruppo di lavoro determina e detiene la gestione attenta e patente delle emozioni che dilagherebbero altrimenti nella collettività. Nel nucleo ideativo e emotivo si aggiungono speranze messianiche. L’équipe e la malattia, nel rapporto gruppo e singolo, vedono il singolo membro portatore di un atteggiamento e di una modalità di intervento che non corrisponde al gruppo di appartenenza. Il consumo di energie psichiche legato alla frattura tra gruppo e individuo, alla rottura dei canali emotivi, ideativi, culturali che legano il singolo operatore al gruppo, sviluppano un rapporto molto stretto tra il gruppo dei curanti e il campo psichico del portatore della malattia. L'accoglimento del paziente esercita una precisa richiesta di intervento in un insieme complessivo di bisogni, affetti, fantasie in parte riconoscibili. In ambito istituzionale la richiesta di intervento risulta indefinita e globale. L'accoglimento tende a travalicare il setting terapeutico proposto. Il campo d'équipe studia l’impatto che ha indotto il nucleo emozionale portato dal paziente e dalla malattia. La corrispondenza tra il piano affettivo e il piano pratico e operativo vanno indagati adeguatamente. Considerare la malattia e il gruppo è una scelta necessaria per l'ambito di indagine, ossia l'ambito del campo mentale del paziente e il campo del gruppo dei curanti. Il termine malattia possiede un veicolare alone emozionale di stati d’animo, stati mentali con potere angosciante, depersonalizzante e distruttivo. Con i gruppi integrati di terapia, in molti servizi di salute mentale è invalsa l'abitudine di attivare i gruppi di operatori che collaborano alla cura di uno stesso caso. Invece si attribuisce importanza al rapporto centrale tra il curante e il paziente dove si presentano vicissitudini del mondo interno con una loro leggibilità. Il gruppo integrato presenta capacità di coordinamento, autoriflessione e fiducia, ma presenta difficoltà nelle situazioni per la complessità e il contesto in cui il paziente non può programmare il suo processo trasformativo. Secondo l'approccio dei modelli sistemici, nel piccolo gruppo ogni membro ha una funzione specifica. Una funzione infermieristica, non solo assistenziale, ma mentale. La turbolenza è il termine per descrivere la fenomenologia patologica con la presenza di uno stato di rottura dei contenitori mentali usuali. Il curante può contenere in sè le esplosività di tali stati mentali per elaborare un atteggiamento emotivo adeguato alle circostanze. Per l'impossibilità del paziente a tollerare la separazione dal gruppo istituzionale, il gruppo dei curanti deve subire una violenza controllata. La debole identità e la turbolenza sono un campo di forze per cui il paziente sente cambiamenti mostruosi nel proprio sè. Winnicott identificava agonie primitive nel vissuto totale della persona di cui la capacità di tenersi sveglio, vivo e partecipe è data dal curante. Il setting nell’istituzione crea l’isomorfismo, per cui la carica emotiva del paziente rende impossibile il setting terapeutico significativo e stabile. Il contesto istituzionale induce un effetto infiltrante nel rapporto terapeutico, inducendo profonde modifiche. Le fantasie del paziente risultano condizionate dal campo istituzionale, tramite le operazioni mentali del paziente che mettono in gioco il campo stesso. Nella terapia in ambito istituzionale si verifica una fenomenologia patologica angosciante e perturbante. Kaes utilizza il termine isomorfismo per cui un membro del gruppo sovrappone un proprio apparato mentale a quello del gruppo, imponendo elementi mentali e affettivi in cui il gruppo e l’individuo risultano indistinguibili in una zona muta e silenziosa nella mente degli operatori. L’investimento transferale consiste in una fenomenologia di aspettative e pretese del paziente nei confronti del terapeuta. L’atteggiamento del paziente si manifesta in una sorta di grandiosità di richieste d’aiuto magiche, irriducibili ad un piano realistico, in fantasie di dipendenza incontrollata.
Bleger individua fantasie di percezione nelle istituzioni quale luogo di sensazioni, di esperienze corporee e mentali, stratificate in un ambito condiviso, nel transfert con il luogo indistinto dell’istituzione.
Il gruppo istituzionale detiene una funzione di trasformazione e di contenimento evolutivo del paziente cronico che non riesce ad affrontare da solo il proprio ambiente di vita. Il fenomeno della cronicità si manifesta in un’ipertrofia angosciante della sfera del corpo e dei suoi bisogni. L’individuo in cui predominano parti psicotiche manifesta ipertrofia della sensorialità, dell’aspetto fantastico e immaginativo della mente e debolezza dell’attività mentale. Il nucleo esplosivo emotivo pone il rischio continuo di annientamento e frammentazione identitaria. Il processo di cronicizzazione prevede la mutilazione di aspetti mentali, affettivi e relazionali. Il campo del gruppo nel rapporto ospedaliero vede nei reparti psichiatrici affrontata la crisi acuta in un’ottica non cronicizzante, ma orientata al reinserimento del paziente nel suo contesto. La crisi costituisce un momento altamente drammatico e dirompente per cui il proposito curativo si pone l’intenzione di evitare livelli elevati di angoscia con effetti di inibizione e frammentazione dell’intero mondo psichico del paziente. Il problema del ricovero riguarda la modalità di instaurazione di un rapporto. La cronicizzazione è legata a modalità relazionali instaurate dentro e fuori dall’ospedale. Il ricoverato vive uno stato di depersonalizzazione con la sospensione degli elementi costitutivi dell’identità. Il paziente vive uno stato di angosciante confusione e di crisi acuta per la novità del luogo, in uno stato di perdita della lucidità, come in un vortice risucchiante.

Laura Tussi

Anonimo ha detto...

Il lavoro della cura nelle istituzioni.

di Laura Tussi

Progetto, gruppi e contesti nell'intervento psicologico.
A cura di Marta Vigorelli.
Prefazione di Antonello Correale.
Edizioni Franco Angeli.

L’equipe di psichiatria prevede un modello antropologico e relazionale della malattia rispetto a quello biologico. Nel modello gruppale in ambito istituzionale è necessario che la psicanalisi diventi capacità di ascolto. L'approccio sociologico di Durkheim e Basaglia considera la psicanalisi non come tecnica, ma come atteggiamento mentale. Solo così si verifica la reciproca integrazione tra psicanalisi e psichiatria. Se le istituzioni costituiscono un insieme di ruoli e di rapporti, la legge che li regola è rappresentativa della vita stessa delle istituzioni, in un insieme di esperienze collettive volte a perpetuarsi e stabilizzarsi. Le istituzioni prevedono un processo di formazione e produzione di elementi mentali e affettivi nel tempo.
Nell’approccio socioanalitico, Jacques e Menzies Lyth sostengono che le istituzioni hanno una funzione di protezione dell'individuo dalle angosce depressive e persecutorie, depositi di proiezioni e identificazioni con un’utile azione sociale nelle istituzioni. Secondo Fornari ogni istituzione si struttura intorno a fantasmi basici originari, con valori, forme, norme di comportamento dei membri dell'istituzione stessa ricondotti a una determinata base fantasmatica.
Nel modello di campo del gruppo e delle istituzioni, il campo istituzionale secondo Kurt Lewin e la psicologia della Gestalt, indaga risultanti complessive delle forze emergenti nel campo. Il gruppo è un organismo in movimento su vettori di affettività. L'area di operazione è un luogo attraversato da percorsi e sedi di incontro e intreccio e confronto di tali forze. Bion si muove su teorizzazioni, Lewin considera il gruppo un complesso ideativo e rappresentativo collegato a comportamenti collettivi. La simbiosi tra individuo e gruppo costituisce una fantasia fusionale tra campo del gruppo e individui collegati da identificazioni proiettive, da cui il campo del gruppo risulta continuamente alimentato. Il campo si trasforma nella fase e sulla base del gruppo di elementi provenienti dai membri. Nel piano sincretico del campo istituzionale, Bleger individua una stretta affinità tra strutture costitutive del setting e sostitutive e quelle istituzionali, dove l'istituzione rappresenta una relazione regolata da norme condivise. Con il piano affettivo e il campo istituzionale, Bion individua il gruppo e il gruppo degli assunti di base: la vita dei gruppi come attraversata da polarità e dicotomie tra il gruppo di lavoro e il gruppo degli assunti di base. Il gruppo di lavoro determina e detiene la gestione attenta e patente delle emozioni che dilagherebbero altrimenti nella collettività. Nel nucleo ideativo e emotivo si aggiungono speranze messianiche. L’équipe e la malattia, nel rapporto gruppo e singolo, vedono il singolo membro portatore di un atteggiamento e di una modalità di intervento che non corrisponde al gruppo di appartenenza. Il consumo di energie psichiche legato alla frattura tra gruppo e individuo, alla rottura dei canali emotivi, ideativi, culturali che legano il singolo operatore al gruppo, sviluppano un rapporto molto stretto tra il gruppo dei curanti e il campo psichico del portatore della malattia. L'accoglimento del paziente esercita una precisa richiesta di intervento in un insieme complessivo di bisogni, affetti, fantasie in parte riconoscibili. In ambito istituzionale la richiesta di intervento risulta indefinita e globale. L'accoglimento tende a travalicare il setting terapeutico proposto. Il campo d'équipe studia l’impatto che ha indotto il nucleo emozionale portato dal paziente e dalla malattia. La corrispondenza tra il piano affettivo e il piano pratico e operativo vanno indagati adeguatamente. Considerare la malattia e il gruppo è una scelta necessaria per l'ambito di indagine, ossia l'ambito del campo mentale del paziente e il campo del gruppo dei curanti. Il termine malattia possiede un veicolare alone emozionale di stati d’animo, stati mentali con potere angosciante, depersonalizzante e distruttivo. Con i gruppi integrati di terapia, in molti servizi di salute mentale è invalsa l'abitudine di attivare i gruppi di operatori che collaborano alla cura di uno stesso caso. Invece si attribuisce importanza al rapporto centrale tra il curante e il paziente dove si presentano vicissitudini del mondo interno con una loro leggibilità. Il gruppo integrato presenta capacità di coordinamento, autoriflessione e fiducia, ma presenta difficoltà nelle situazioni per la complessità e il contesto in cui il paziente non può programmare il suo processo trasformativo. Secondo l'approccio dei modelli sistemici, nel piccolo gruppo ogni membro ha una funzione specifica. Una funzione infermieristica, non solo assistenziale, ma mentale. La turbolenza è il termine per descrivere la fenomenologia patologica con la presenza di uno stato di rottura dei contenitori mentali usuali. Il curante può contenere in sè le esplosività di tali stati mentali per elaborare un atteggiamento emotivo adeguato alle circostanze. Per l'impossibilità del paziente a tollerare la separazione dal gruppo istituzionale, il gruppo dei curanti deve subire una violenza controllata. La debole identità e la turbolenza sono un campo di forze per cui il paziente sente cambiamenti mostruosi nel proprio sè. Winnicott identificava agonie primitive nel vissuto totale della persona di cui la capacità di tenersi sveglio, vivo e partecipe è data dal curante. Il setting nell’istituzione crea l’isomorfismo, per cui la carica emotiva del paziente rende impossibile il setting terapeutico significativo e stabile. Il contesto istituzionale induce un effetto infiltrante nel rapporto terapeutico, inducendo profonde modifiche. Le fantasie del paziente risultano condizionate dal campo istituzionale, tramite le operazioni mentali del paziente che mettono in gioco il campo stesso. Nella terapia in ambito istituzionale si verifica una fenomenologia patologica angosciante e perturbante. Kaes utilizza il termine isomorfismo per cui un membro del gruppo sovrappone un proprio apparato mentale a quello del gruppo, imponendo elementi mentali e affettivi in cui il gruppo e l’individuo risultano indistinguibili in una zona muta e silenziosa nella mente degli operatori. L’investimento transferale consiste in una fenomenologia di aspettative e pretese del paziente nei confronti del terapeuta. L’atteggiamento del paziente si manifesta in una sorta di grandiosità di richieste d’aiuto magiche, irriducibili ad un piano realistico, in fantasie di dipendenza incontrollata.
Bleger individua fantasie di percezione nelle istituzioni quale luogo di sensazioni, di esperienze corporee e mentali, stratificate in un ambito condiviso, nel transfert con il luogo indistinto dell’istituzione.
Il gruppo istituzionale detiene una funzione di trasformazione e di contenimento evolutivo del paziente cronico che non riesce ad affrontare da solo il proprio ambiente di vita. Il fenomeno della cronicità si manifesta in un’ipertrofia angosciante della sfera del corpo e dei suoi bisogni. L’individuo in cui predominano parti psicotiche manifesta ipertrofia della sensorialità, dell’aspetto fantastico e immaginativo della mente e debolezza dell’attività mentale. Il nucleo esplosivo emotivo pone il rischio continuo di annientamento e frammentazione identitaria. Il processo di cronicizzazione prevede la mutilazione di aspetti mentali, affettivi e relazionali. Il campo del gruppo nel rapporto ospedaliero vede nei reparti psichiatrici affrontata la crisi acuta in un’ottica non cronicizzante, ma orientata al reinserimento del paziente nel suo contesto. La crisi costituisce un momento altamente drammatico e dirompente per cui il proposito curativo si pone l’intenzione di evitare livelli elevati di angoscia con effetti di inibizione e frammentazione dell’intero mondo psichico del paziente. Il problema del ricovero riguarda la modalità di instaurazione di un rapporto. La cronicizzazione è legata a modalità relazionali instaurate dentro e fuori dall’ospedale. Il ricoverato vive uno stato di depersonalizzazione con la sospensione degli elementi costitutivi dell’identità. Il paziente vive uno stato di angosciante confusione e di crisi acuta per la novità del luogo, in uno stato di perdita della lucidità, come in un vortice risucchiante.

Laura Tussi